Il Sole 24 ore – Sono italiane le aziende per l’acqua a Gaza e per il restauro della chiesa della natività

RAMALLAH. C’è fame di tutto ma soprattutto di stabilità e crescita economica nei Territori sotto controllo dell’Autorità nazionale palestinese. Gli aiuti pubblici allo sviluppo e i progetti delle grandi istituzioni finanziarie internazionali (Banca mondiale, Banca europea degli investimenti, Banca islamica di sviluppo) si concentrano necessariamente sui grandi progetti infrastrutturali come acqua, energia, trasporti. Quello che ancora manca è lo sviluppo di un’imprenditorialità locale e un flusso costante di investimenti privati. Nuove occasioni per le imprese italiane dei settori più disparati (dalle costruzioni all’agroindustria al turismo) come hanno potuto toccare con mano un gruppo di imprenditori in una missione guidata dal presidente di Confindustria giovani, Marco Gay che si è recata a Ramallah la settimana scorsa.

Obiettivo creare cultura d’impresa
Creare una cultura d’impresa in una delle zone più martoriate della terra è, del resto, l’obiettivo principale del primo Joint Business Forum tra aziende italiane e palestinesi aperto a Ramallah con la firma di un accordo quadro da parte di Marco Gay e di Samir Zraiq, presidente della Palestinian Federation Business Associations. Tutti confermano la volontà di trasformare le occasioni di nuovi business e investimenti in una parte essenziale del lavoro di Insitution building. Lo hanno ribadito il ministro dell’Economia nazionale palestinese Abeer Odeh, il presidente di Bank of Palestine Hashim Shawa (co-chairman del Forum insieme a Marco Gay) e lo stesso Console generale d’Italia a Gerusalemme, Fabio Sokolowicz.

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